Il filtro sensoriale prevalente influenza numerosi aspetti della nostra vita, fino a determinare ciò che viene definito sistema rappresentazionale, cioè il modo in cui ciascuno di noi rappresenta il mondo nella propria mappa.
Quanto più siamo in grado di usare i nostri sensi, tanto più siamo capaci di rappresentarci (e capire) le diverse sfumature del mondo, costruendoci così una mappa più variegata e flessibile. Un po’ come, se mi concedete il paragone, quando siamo in grado di distinguere le diverse sfumature di un colore anziché, grossolanamente, affermare “ma è pur sempre blu!”
Dal momento che il filtro sensoriale prevalente influenza la nostra mappa del mondo, le nostre motivazioni, e, in sostanza, ha un ruolo determinante per il nostro carattere, è importante identificarlo. Eppure conoscere il proprio sistema rappresentazionale prevalente è solo il primo passo, perché per affrontare meglio il mondo, avere ampiezza di vedute, capire noi stessi e il prossimo, dobbiamo aumentare la nostra flessibilità, e imparare ad usare tutti i nostri sensi.
Per tutti, potenziare tutti i sistemi rappresentazionali significa acquisire flessibilità ed empatia, e “vivere” il mondo attraverso un filtro sensoriale diverso da quello a cui siete abituati è un’esperienza emozionante e, spesso, si scopre un mondo leggermente diverso.
Sviluppare il sistema rappresentazionale cinestesico significa indubbiamente potenziare il tatto, ma non solo questo.
Diventare più cinestesici vuol dire comprendere meglio coloro che usano il tatto come filtro sensoriale prevalente, e farsi comprendere meglio da loro.
Significa quindi anche potenziare alcuni meccanismi di pensiero o di comportamento o di comunicazione non verbale strettamente correlati al filtro cinestesico.
Per diventare più cinestesici bisogna toccare e “sentire”.
- Il primo passo è indubbiamente quello di percepire oggetti, materiali, attraverso il tatto. Distinguere quindi oggetti diversi, ad occhi bendati, usando esclusivamente le mani. Ma anche distinguere materiali diversi.
- Un po’ di pazienza, e di fantasia, e riuscirete persino a scegliere gli abiti da indossare semplicemente attraverso il tatto.
Ma essere cinestesici non è solo questo.
- Bisogna anche sentire le sensazioni interiori, “toccare” i nostri organi interni e percepire come ciascuno di loro reagisce ai diversi stimoli: ansia, paura, rabbia, gioia, serenità, aspettative, entusiasmo, sono tutti sentimenti a cui corrispondono diverse reazioni interiori.
- Per capire i cinestesici bisogna provare la bellezza di un abito comodo, fatto di un tessuto gradevole al tatto, bisogna disinteressarsi di una calza smagliata se si sta facendo qualcosa di importante, bisogna, letteralmente, star bene nei propri panni, indipendentemente da come questi vengono visti da altri.
- Si deve anche scoprire la soddisfazione di fare qualcosa di materiale con le proprie mani. Quindi benvenuto il bricolage, il cucinare, il dipingere, il giardinaggio. Ma attenzione a non farsi ingannare: al cinestesico non interessa se il quadro sarà “bello”, se l’armadietto sarà perfettamente stabile (basta che sia funzionale) o se il giardino sarà ordinato, e neanche l’aspetto estetico dei piatti da portare in tavola.
Vi aspetta ora un altro esperimento da cinestesico: capire il perché di ciò che si fa. E ricordarsi che il concetto vale per qualunque cosa. Tutto è, o almeno dovrebbe essere, funzionale, avere un perché. Ed è nel perché che il cinestesico trova la motivazione. Ma è qui che, chi ha un diverso filtro sensoriale prevalente, rischia di non comprendere. Per il cinestesico la motivazione non è nell’armonia, nella bellezza, nel piacere intellettuale o nel primeggiare, ma è nell’utilità pratica, nel fatto che ciò che fa “serve” a qualcosa o a qualcuno, ed è questo che porta il cinestesico spesso ad essere di una generosità estrema: il suo premio è il fare, e l’essere concretamente utile.