Otto mesi fa mi è stato diagnosticato un tumore al seno, già in fase avanzata.
Un vero fulmine a ciel sereno, anche perché da molti anni mi sottoponevo regolarmente allo screening di controllo: avevo fatto la mammografia a luglio e il responso di una prestigiosa clinica universitaria era stato “sospetto nodulo di 5 millimetri. Si raccomanda un ago aspirato”.
Conoscendo ormai da molti anni la radiologa e l’anatomopatologo di Lugo (la mia famiglia è romagnola) quando ho sentito parlare di agoaspirato ho deciso di procedere con gli accertamenti in Romagna, ed è stata la mia fortuna. Già, perché hanno visto subito quello che era sfuggito alla clinica universitaria milanese: diversi noduli, tra cui uno di 3 centimetri, un altro nodulo nell’altro seno e i linfonodi già coinvolti.
In pochi giorni ho cominciato il percorso, che non è ancora finito: esami, accertamenti, operazione, chemioterapia, radioterapia, altri esami, altre cure, poi seguirà la ricostruzione …
Ma non è di questo che vi voglio parlare: non degli esami e non delle terapie, o almeno ve ne parlerò solo marginalmente.
Ciò che desidero condividere sono alcuni strumenti, trucchi, che mi hanno permesso di non pagare un prezzo troppo alto dal punto di vista emotivo.
La prima cosa è imparare a distinguere tra il bisogno di aiuto e il bisogno di essere compatiti. Credetemi, ci sono momenti in cui si desidera compassione per potersi quasi crogiolare nel bozzolo del dolore, ma non serve al malato e si rischia di rompere l’anima al prossimo o di circondarsi di persone negative e lamentose. L’aiuto, invece, è fondamentale: si ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. Sappiate quindi chiedere affetto e aiuto, non per lamentarvi, ma per costruire qualcosa e riuscire a guardare verso il futuro.
E quando parlo di aiuto intendo anche quello dei professionisti. Personalmente mi sono rivolta sia ad uno psicologo che ad un counsellor: due diversi approcci per affrontare diverse sfaccettature. Credo anche che questo tipo di aiuto, fondamentale, serva in momenti diversi, molto soggettivi. Per me è stato fondamentale per il periodo tra la diagnosi e l’inizio delle terapie, ma so con certezza che per altri è più necessario a metà della chemioterapia o in altri momenti.
Il secondo elemento è la pazienza. Io sono in ballo da settembre 2014, e almeno fino a fine anno, superata l’operazione della ricostruzione, non sarò in grado di condurre quelle che era la mia vita normale. Ci sono momenti di sconforto, è ovvio, ma bisogna evitare che lo sconforto diventi cronico o si trasformi in rabbia. Pazienza, dunque.
Il terzo elemento è la raccolta dei “pensieri felici”: per intenderci quelli che permettono a Peter Pan di volare o ad Harry Potter di evocare il Patrono. Inutile cercare le grandi cose: bisogna cercare le grandi sensazioni di felicità. Così per me ricordare i primi sorrisi dei miei nipoti o le emozioni di certi attimi dei miei viaggi è stato più importante che richiamare i momenti di “successo”. Fatevi una lista, allungatela costantemente, concentratevi e richiamate le sensazioni dei momenti felici. Sono un ottimo sostegno!
Infine la grande salvezza viene dall’ironia e, soprattutto, dall’autoironia. Non è vero che “non c’è niente da ridere”: si possono trovare motivazioni per un vero spasso. E non cediate che saper ridere sia un dono di natura che Dio ha fatto ad alcune persone forti, ma voi siete deboli. La forza si impara, l’ironia si impara, basta volerlo!