L’identità risponde alla domanda Chi sono? Quindi, concettualmente, ogni volta che diciamo io sono facciamo riferimento alla nostra identità.
Proviamo a pensare all’identità come ad un contenitore: se è vuoto è davvero un problema, ma che succede se è troppo pieno?
Spesso inseriamo nel contenitore dell’identità quello che sono in realtà il nostro ruolo, i nostri affetti, i nostri valori: sono una mamma, sono un insegnante, sono cattolico, sono un manager, …
Ciò però può creare problemi, e minare le nostre fondamenta, quando il cambiamento ci sottrae, anche solo parzialmente, quel ruolo. Un cattolico con crisi religiosa, un manager che perde il posto di lavoro, una mamma con i figli che crescono possono subire traumi incredibili se hanno confuso ruolo, amori, valori con la loro identità.
Ma le confusioni non finiscono qui.
C’è chi inserisce nell’identità anche fattori tecnicamente più “marginali”: io sono bella, io sono brava, io sono buona, … (non io: è solo un esempio!): se questi elementi sono inseriti nell’identità ogni ruga, ogni errore, ogni discussione minaccia l’identità, con conseguenze di estrema difficoltà sia per chi vive questa realtà, sia per chi sta loro vicino.
Chi ha invaso la propria identità con elementi di questo tipo è anche estremamente vulnerabile: basta un ingenuo commento non positivo per metterli in profonda crisi. Per forza, se la bellezza è diventata identità, un banale commento come “mi piacevi di più con i capelli pettinati come prima” a fronte di un nuovo taglio, e viene letto non come un suggerimento a cambiare parrucchiere, ma come una profonda critica al cuore della personalità.
L’identità è il nostro nocciolo di diamante, ma ben più caldo e prezioso.
In un certo senso l’identità è ciò che resta quando il mondo o le esperienze ci distruggono, prima che possiamo far tesoro delle esperienze negative e trarne nuove magie, ma l’identità è anche il nostro gradino di congiunzione con Dio e l’universo. Teniamola sgombra da inutili suppellettili!