Si dicono tante cose sulla nostra epoca di crisi, incluso il fatto che qualcuno non vuole vedere la crisi. Eppure abbiamo alcuni fatti proprio davanti agli occhi.
Assistiamo, costantemente, ad un’accelerazione degli avvenimenti, fondamentalmente grazie alla tecnologia che consente uno scambio rapidissimo di notizie ed informazioni, oltre che l’elaborazione di elementi complessi.
Sono sempre esistiti due tipi di problemi: quelli causa – effetto a manifestazione diretta, generalmente abbastanza rapidi nel manifestarsi, e quelli dove giocano più cause apparentemente non collegate tra loro in cui il generarsi del problema avviene lentamente, per incastro di numerosi elementi, ed il suo manifestarsi è generalmente lontano nel tempo, e spesso anche come luogo.
I problemi “rapidi” sono in genere risolvibili: si indaga sui meccanismi, sulle cause, si interviene sulle cause e, in tempi un po’ più lenti rispetto a quelli che hanno manifestato il problema, possiamo risolverlo. È l’approccio più noto ai problemi, quello che tutti conosciamo, quello che abbiamo usato per tutta la nostra infanzia. Siamo allenati!
Poi ci sono gli altri. E quasi sempre i problemi complessi riguardavano più la società che le singole persone. Ma ci volevano talmente tanti anni affinché diventassero manifesti, che nessuno era più in grado di cercare le cause, e quasi non venivano neanche più identificati come problemi, ma semplicemente come fattori ed elementi ambientali o sociali su cui intervenire.
L’accelerazione dei nostri anni ha fatto sì che oggi anche questi possano essere riconosciuti come problemi, che volendo si possano indagare e trovare le cause, ma non è questa una buona strada per risolverli.
I primi ad accorgersi che il paradigma "trova la causa e risolvi il problema" non funziona sempre furono gli psicologi della scuola di Palo Alto che si resero conto come 20 anni di analisi per riconoscere e risolvere un problema psicologico che solitamente risale all’infanzia non era una soluzione percorribile, soprattutto perché durante i 20 anni di analisi l’individuo doveva continuare a convivere con il problema, rovinandosi la vita consapevolmente. Forse era meglio sopravvivere nell’ignoranza del problema stesso e far finta che non esistesse, come avevano fatto generazioni e generazioni prima delle scoperte della psichiatria. Inventarono così la terapia breve, a cui sono seguite altre soluzioni efficaci. Ma questo vale per l’individuo.
Oggi siamo pieni di problemi sociali per i quali possiamo trovare le cause in scelte di venti o trent’anni fa, però allora le scelte sembravano non solo legittime, ma ottimali.
In parte possiamo colpevolizzare la classe politica che, ben lungi dall’avere le competenze e la lungimiranza di veri statisti, si sono comportati da burocrati gestori della routine (almeno, quelli onesti).
Però la maggior parte dei problemi, ed in particolare i più seri e complessi, non possono essere affrontati attraverso la conoscenza delle cause, neanche se potessimo modificarle.
L’unico approccio valido a questo tipo di problematiche, avvalorato anche dalle più prestigiose scuole di business, è individuare il futuro emergente e fare in modo, gestendo noi stessi e il mondo in maniera proattiva, che si trasformi nel futuro desiderato.
Dobbiamo quindi diventare tutti maghi e lettori di strumenti di divinazione?
No, basta imparare a pensare e agire in maniera sistemica.
Proattività, pensiero sistemico, visione globale, analisi del futuro emergente, sono le principali modalità che ci consentiranno di avere un futuro. La fisica quantistica e la neurologia saranno le nostre basi teoriche per fare scelte. La trasparenza e l’etica i valori imprescindibili.
Ma di tutto questo parleremo poi.