“La legge non ammette ignoranza”: è un’antica frase che si trova già nel diritto romano. Si presuppone che il cittadino conosca la legge, e in ogni caso la non conoscenza non è una scusante valida per i reati commessi. Suona minacciosa, ma è una delle basi indispensabili per una qualunque forma di società umana: se bastasse dire “non lo sapevo” per ottenere uno sconto di pena, sarebbero minati i presupposti stessi della civiltà.
Abbiate pazienza, ma oggi (sarà colpa del terremoto) mi sento in vena di strani discorsi.
La qualità di vita passa attraverso un concetto fondamentale: l’unica persona che posso giudicare sono io stessa, perché sono la sola che può conoscere o accedere a tutte le informazioni necessarie per un giudizio, e posso farlo solo per me stessa. Verso gli altri posso capire, in parte, accettare o rifiutare, ma non emettere giudizi. Ci sono persone che non mi piacciono, ma non sono in grado di dire se sbagliano: il vedere il mondo in chiave di giusto o sbagliato è fonte di infinito disagio e origine di una pessima qualità di vita.
Verso me stessa posso anche concedermi il lusso di dire “ho sbagliato”, a patto di saper usare i miei criteri, e non quelli degli altri. Questo perché posso decidere di assolvermi o di cambiare, a mia totale e libera scelta.
Chi vive bene, chi ha un’elevata qualità di vita, sa perdonarsi, sa auto assolversi e sa, soprattutto, ridere di se stesso.
Ma, se osservate bene o chiedete a persone che sono fondamentalmente serene, indipendentemente da guai o momenti di crisi che hanno, come tutti, queste persone sono anche consapevoli.
Non dicono “sono fatto così” per giustificarsi, non cercano alibi, non inventano falsi sé. Si accettano, si perdonano, ma sono consapevoli.
Se vogliamo metterla in termini religiosi, visto che Milano è bloccata dalla visita del Papa, l’assoluzione può arrivare solo dopo la confessione (lascerei perdere il pentimento e la punizione). La ricerca di giustificazioni serve solo per arroccarsi sulle proprie posizioni, per cercare giustificazioni a cui, per primi, non crediamo, o perché vorremmo vendere agli altri una perfetta immagine di noi stessi. Tempo sprecato, che potremmo usare in modo molto più proficuo cercando il modo per cambiare ciò che di noi non ci piace, o volerci bene anche per i nostri limiti: anche, e non nonostante.
Così come la vita ci offre regali anche attraverso la sofferenza: anche, e non nonostante.
OK: oggi sembro anche a me stessa un predicatore mal riuscito, un po’ noiosa, poco pratica, e abbastanza inutile. La prossima volta cercherò di far meglio. Promesso.