Migliaia di anni fa, quando fu scritto l’I Ching, l’imperatore era un diretto discendente del cielo, in pratica un dio, funzionari di alto rango e generali avevano un potere sconfinato e, in pratica, rispondevano solo all’imperatore e agli dei. Il popolo praticamente non sapeva né leggere né scrivere, e sicuramente non votava per decidere da chi o come essere governato. Eppure molte frasi, nell’I Ching, hanno un approccio estremamente democratico, seppure un po’ patriarcale, ma senza mai schiavizzare o annullare la figura femminile.
Consigli, suggerimenti, raccomandazioni, che travalicano i secoli e vanno direttamente all’anima del saggio. Cominciamo a conoscere meglio questi aspetti che poco hanno a che fare con le funzioni oracolari del Libro dei Mutamenti, ma molto hanno da dire all’umanità.
Il moto del cielo è vigoroso. Così il nobile rende sé stesso forte e instancabile.
Già dal primo esagramma, Kkienn – Il creativo, l’I Ching lancia un monito a chi detiene il potere: l’impegno è grande e vanno evitati ozio e rilassatezza. Il potere è lavoro, e più si detiene potere, più si lavora.
Così il nobile alimenta agendo con cura e serietà il suo carattere
Ed ecco che nel quarto esagramma, MONG - La stoltezza giovanile, abbiamo un altro consiglio universale: il saggio studia e migliora costantemente se stesso. Qui comincia una sorta di tormentone che ci segue per tutto il testo dell’I Ching: il potere non è mai un punto di arrivo, ma l’inizio delle responsabilità.
Il nobile accresce, magnanimo verso il popolo, le sue masse.
Arriviamo al settimo esagramma, SCÏ - L’esercito. Apparentemente nulla è basato sulla gerarchia come un esercito, dove la catena di comando è fondamentale. Pur evidenziando questo aspetto, l’I Ching aggiunge anche un monito che, secondo me, è profondamente democratico: il popolo che segue, anche nel combattere, non deve essere obbligato, ma convinto e deve ricevere benessere in cambio del potere che concede al generale.
E, per oggi, termino con il decimo esagramma, LÜ - Il procedere, che recita:
Così il nobile distingue superiori ed inferiori. E consolida in tal modo i sentimenti del popolo.
Estremamente significativa è la spiegazione che il primo traduttore dell’I Ching, Wilhelm, fornisce per questa frase.
“Anche fra gli uomini devono esserci delle differenze di altezza. È impossibile raggiungere un livellamento generale. Si tratta, invece, che le differenze di rango nella società umana non siano arbitrarie ed ingiuste, poiché in tal caso l’invidia e la lotta di classe ne sarebbero la conseguenza immancabile. Quando invece le differenze esteriori di rango corrispondono ad un giustificato diritto intrinseco, quando la dignità interiore dà la misura del rango esteriore, allora gli uomini si acquietano e la società si armonizza.”
Non, quindi, una visione apparentemente comunista, ma un concetto di vera democrazia, in cui il saggio, riconosciuto come tale, mette a disposizione del popolo le sue competenze e il popolo esamina con rigore i governanti e riconosce loro il potere, il diritto e il dovere, di governare.
Forse un’utopia, ma sicuramente un bel sogno.