Concettualmente il femminile si prende cura dell’interno, della casa, dell’introspezione, laddove il maschile si occupa dell’esterno, del mondo, dell’azione.
La definizione di introspezione, riportata nel dizionario, è: accurata analisi di se stessi, delle emozioni e delle motivazioni profonde dell'agire. Tra i sinonimi sono citati: meditazione, riflessione, esame di coscienza.
Ma vanno anche citati i confini dell’introspezione, che non è passivo ripiegamento in se stessi né, tantomeno, egocentrismo.
Ed è proprio ricordando i confini che si può notare quanto questo valore femminile sia trascurato e dimenticato, anche dalle donne.
Perché guardarsi dentro non vuol dire parlare di sé, e solo di sé (anzi: chi si guarda dentro lo fa in silenzio!). Raccontare minuziosamente cosa si è fatto o detto all’amica non è introspezione, anche se può essere una piacevole chiacchierata.
Né possiamo definire un vero esame di coscienza quello che si chiude affermando “ho fatto tutto giusto, sono gli altri che sbagliano. Io sono bella, buona, brava, simpatica e intelligente.”
Però nemmeno le mastrurbazioni mentali sono introspezione, e neanche quelle situazioni in cui ci si sente totalmente sbagliati possono essere definite introspezione, ma solo umani momenti di sconforto.
Ed ecco un’altra dimostrazione che questa energie femminile è piuttosto rara e poco coltivata.
La ricerca del colpevole non fa parte dell’introspezione, né se, alla fine della lettura, il colpevole è il maggiordomo o scopriamo che siamo noi stessi.
I momenti di introspezione sono quelli in cui cerchiamo il contatto con il nostro nucleo profondo, e usiamo le energie interiori a cui in questi momenti riusciamo ad accedere come spinta per azioni più consapevoli. Così, ancora una volta, l’energia femminile dell’introspezione si unisce all’energia maschile dell’azione ricostruendo l’unità dell’essere.