Ci avviciniamo all’8 marzo, Festa della donna, e sappiamo già che assisteremo ad un proliferare di articoli, statistiche e dotte considerazioni sul ruolo e l’importanza della donna nella nostra società, e su come siamo ancora ben lontani dalla parità di genere.
In Italia, poi, la situazione è ancora più grave.
C’è però anche un altro “filone”, in controtendenza, o forse complementare. Ultimamente sono usciti molti articoli, molto seri, che dimostrano e testimoniano come il contributo femminile sia fondamentale, ad esempio, per far funzionare efficacemente i gruppi di lavoro. Poi troviamo non pochi racconti umoristici sulla superiorità femminile. Umoristici, ma forse non tanto, considerando con quanta passione noi donne li condividiamo sui nostri profili FB e quanto è, invece, amarognola la risata dei nostri compagni.
E poi … c’è la matriarca. La matriarca è una figura emblematica, archetipica, utilizzata in una tecnica di counselling (il Voice dialogue): una tecnica (o forse dovrei dire una specie di filosofia) che consente di studiare e armonizzare i nostri pezzi e frammenti interiori per raggiungere un’armonia interiore e nella nostra vita. Un metodo affascinante, e molto efficace. La matriarca domina, ingombra, inibisce, comanda. Soprattutto manipola. Già, perché talvolta il femminile, quando non può esprimersi liberamente, diventa manipolazione occulta, potente.
Non è tutto bello e buono. Questo femminile non è tutto rose e fiori, nonostante le tonnellate di mimosa che verranno vendute l’8 marzo.
Forse è il momento di cercare e perseguire qualcosa di diverso: l’equilibrio e l’armonia.
Ben vengano le campagne contro la violenza sulle donne. Ben venga anche un po’ di attenzione sulle discriminazioni di genere in ambiente di lavoro.
Ma non fermiamoci qui!
Combattiamo le diseguaglianze, ma perseguiamo l’equilibrio. Un ambiente di lavoro diventa piacevole, efficace ed efficiente se c’è equilibrio, possibilmente dinamico, tra valori ed energie maschili e femminili: dove c’è squilibrio ed eccesso si nasconde il fallimento.
E a maggior ragione questo concetto vale per ciascuno di noi. Accettiamo il rischio dell’equilibrio: mono solido della staticità, ma tanto più piacevole, vincente e produttivo!