Sembra quasi strano citare la creatività come valore femminile trascurato nell’epoca in cui “i creativi” sono così spesso all’onore delle cronache e “fare il creativo” è diventato un lavoro riconosciuto.
Va inoltre detto che, finalmente, l’intelligenza creativa, così come l’intelligenza emotiva, è stata riconosciuta come un qualcosa di essenziale, ben diversa dall’intelligenza razionale.
È vero: la creatività va di moda. E allora cosa c’è da riscoprire, recriminare?
A me sembra che abbiamo dimenticato quella creatività, valore femminile, complementare al valore maschile della volontà, della tenacia.
A me sembra che la creatività di cui ci si riempie la bocca, e le pagine dei giornali, sia in realtà eccentricità, mentre abbiamo perso il piacere della creatività quotidiana, fatta di piccole cose, di piccoli e anonimi miglioramenti delle piccole cose.
Prendiamo due esempi estremamente lontani tra loro: cucinare e imparare.
Cucinare può essere uno dei momenti più piacevoli e creativi. Piacevole è, ovviamente, un’opinione. Creativo invece dovrebbe essere un dato di fatto. Si prendono ingredienti, si mischiano tra loro, si ottiene qualcosa di commestibile. Dipende dalla stagione, dagli ingredienti disponibili, da ciò che piace a chi cucina o a chi poi mangerà quanto preparato. Sembra ovvio, ma non lo è. Siamo pieni di seguitissime trasmissioni di cucina che vengono seguite pedissequamente, al punto che conosco moltissime persone che rinunciano a cucinare un certo piatto, o vanno di corsa al supermercato più vicino, se manca uno degli ingredienti citato dalla trasmissione preferita. Le cucine sono piene di bilance, dosatori, misuratori …
L’ultima volta che sono andata da mia zia, splendida cuoca, mi aveva preparato una fantastica, e semplicissima torta di mele, diversa da tutte quelle che avevo assaggiato fino a quel momento. Alla richiesta delle ricetta mi ha citato gli ingredienti e mi ha spiegato tramite esempi la consistenza che doveva avere l’impasto: nessuna dose, nessun misurino, solo la fantasia e la sensibilità della cuoca. Le ricette sono una traccia, un sollecito per la fantasia, non un rigoroso Vangelo!
Anche nello studio, nell’apprendimento, vedo spesso un atteggiamento simile.
Ho molti conoscenti colti, che leggono moltissimo, che si impegnano per migliorare costantemente. E lo trovo molto positivo. Ciò che però mi stupisce è che ad ogni cosa, argomento, affermazione, fanno seguire la citazione dell’autore, il titolo del libro, la codifica di chi l’ha detto. Ogni argomento di apprendimento è catalogato in scuole, spesso contrapposte tra loro. Esiste una PNL (programmazione neurolinguistica) secondo Bandler, una secondo Dillts e una secondo Grinder, e se parli di PNL o rifletti sull’argomento ti chiedono che scuola segui. Se dici qualcosa che sembra loro intelligente ti chiedono in quale libro l’hai letto.
Il pensiero, la riflessione, personale o fine a se stessa ha perso importanza e dignità, l’elaborazione personale sembra un lusso inutile, o una forma di arroganza.
La creatività quotidiana, secondo me, è stata affossata dal bisogno di approvazione, di popolarità, di sicurezza. Ed è la creatività quotidiana quella che vorrei veder rivalutata.