Nel percorso di gestione delle esperienze, il martire conosce bene l’esistenza del drago.
Quello su cui non si rassegna è perché quel drago sia dovuto capitare proprio a lui!
Il martire è già in cammino, ha già iniziato la sua elaborazione dell’esperienza. Probabilmente l’innocente è stato talmente sopraffatto dal dolore da essere costretto, per sopravvivere, a passare alla fase del martire. O forse ha ricevuto una luce, una guida, un gesto che l’ha indotto ad avviarsi.
Il martire è un personaggio sfaccettato, soprattutto se rimane bloccato nel ruolo.
Tutti si interrogano, tutti vorrebbero sapere perché hanno dovuto incontrare il drago. Se accetteranno di affrontarlo, di fare tutto il percorso, forse non scopriranno “perché”, ma sapranno cosa gli ha regalato l’esperienza, ma per ora sono martiri.
E qualcuno vuole sapere dagli altri le risposte, vuole da altri la compensazione del loro drago. Non si curano dei draghi altrui!
Qualcuno invece, tentando una risposta, si cala appieno nel ruolo, attribuendo il drago alla sfortuna, al destino crudele, a ipotetiche colpe ancestrali. Ritengono di meritare il drago, quindi non solo non si cureranno di affrontarlo, ma ne cercano altri.
A differenza dell’innocente, che è solo, il martire sente spesso il bisogno di avere persone vicine. Per lamentarsi, per esigere compensazioni al loro drago, per cercare altri draghi.
Si può essere bloccati nel ruolo del martire per tutta la vita, sviluppando egoismi e invidia o masochismi di varia entità, ma, soprattutto, essendo infelici e rendendo infelici coloro che, per caso o per scelta, vivono accanto.
È un ruolo pericoloso, che può indurre a rancori verso il mondo, o verso persone ben precise. Sicuramente il martire soffre, ma se rimane bloccato nel ruolo può diventare come un ragno che intrappola chi vorrebbe essere amico, o scuoterlo.
Perché il martire vuole generalmente persone vicine, ma non ascolta nessuno, e non riconosce altro drago che il suo.
Ed è difficile aiutarlo, ed è difficile allontanarsi da lui. Ed è forse la figura più triste, e più pericolosa, dell’intero percorso.