Dopo la beata ignoranza dell’innocente, dopo lo shock dell’orfano e la sofferenza del martire, il viandante rappresenta la decisione. Non può ancora affrontare il drago, non ne ha la forza e non ne ha gli strumenti, ma non vuole più essere in balia del drago.
Quindi il viandante “parte”, si allontana dal drago, fugge.
Quando l’allontanamento, la fuga, costituisce un percorso per raccogliere le armi, la forza e l’esperienza per poter, poi, combattere il drago, si tratta della scelta migliore: è il vero inizio della guarigione.
L’archetipo del viandante è presente sia nei tarocchi, dove l’eremita ha molte delle sue caratteristiche, sia nell’I Ching, dove è l’esagramma 56. .
Ora mi preme sottolineare cosa avviene quando si rimane bloccati nel ruolo del viandante.
Perché non è difficile, e non è raro, rimanere bloccati nel ruolo del viandante.
Innanzi tutto esistono diversi tipi di fuga, diverse modalità per allontanarsi dal drago. E tra queste ci sono alcuni tipi di droga, ma anche alcune reazioni di “fuga” che possono diventare dipendenze: internet stesso, come dimostrato da alcuni dati preoccupanti, lo shopping compulsivo, il gioco …
E poi ci sono i falsi, e ripetitivi, cambiamenti:
- cambiare lavoro
- cambiare città ripetutamente
- cambiare partner …
tutte modalità e reazioni “sane”, efficaci, utili, che però possono essere fatte con ripetizione eccessiva ed ossessiva per mascherare diverse forme di disagio e per evitare di modificare se stessi.
Il viandante vero si guarda dentro, modifica se stesso, cresce e si rafforza giorno per giorno. Chi, invece, si blocca nella fase del viandante vede solo i difetti degli altri e, spesso raccoglie solo armi esteriori, ma gli mancano, e continueranno a mancargli, quelle armi che nascono dalla forza interiore di chi ha accettato di guardare anche se stesso come drago.