Nel libro Il farmacista che comunica che ho scritto, insieme a Luisa Ferrario, e che è stato pubblicato da Tecniche nuove, c’è definizione degli stili sociali.
“Lo stile sociale è la modalità con cui ci si rapporta agli altri: un comportamento che, nato dalle nostre esperienze e dalla nostra mappa del mondo, si è consolidato esperienza dopo esperienza. Non è né rigido, né immutabile, né tantomeno genetico: è semplicemente un’abitudine.
La definizione di stile sociale nasce dal fatto che vengono esaminate le abitudini comportamentali che manifestiamo nella relazione con gli altri o, secondo un’altra definizione leggermente diversa ma sostanzialmente complementare, viene esaminato come gli altri percepiscono i nostri comportamenti.”
Per definizione, lo stile sociale è determinato da due variabili: assertività, che possiamo approssimativamente definire come l’affermazione di sé, ed espressività, che altrettanto approssimativamente possiamo definire come l’estrinsecazione di sé. Ponendo le due variabili su assi cartesiani, come mostra la figura, si suddividono i quattro stili sociali: amabile, espressivo, analitico e direttivo.
Possiamo quindi riconoscere gli stili sociali facendo dei test ad hoc, ma anche in base ai comportamenti, alle abitudini o alle reazioni che osserviamo in noi stessi o nelle persone che incontriamo.
E lo stile sociale è tutt’altro che rigido, immutabile. Si può essere fortemente assertivi in ambito familiare, e molto poco sul lavoro. Si può avere una bassa espressività in certi ambienti e molto alta in altri: il contesto è fondamentale.
L’impiego principale degli stili sociali è nella negoziazione, argomento che tratteremo la prossima volta, ma possono essere utili in molti contesti, e anche per capire meglio se stessi, i propri comportamenti e le proprie reazioni.
E … il seguito alla prossima puntata.
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