Questo articolo viene scritto a pochi giorni dall’ennesima strage degli immigrati, e nel momento in cui è in corso un’aspra controversia (e polemica) sulle leggi italiane ed europee relative all’immigrazione.
È facile confondere il valore dell’accoglienza con l’alleggerimento delle normative sull’immigrazione, ma in realtà le due cose non sono strettamente correlate.
L’accoglienza come valore del femminino è qualitativa: come accettare il nuovo e il diverso, e non quali regole stabilire o quanti immigrati lasciar entrare nel Paese.
Proviamo quindi a cambiare ambito di riflessione, arrivando in una nuova azienda.
I valori femminili di accoglienza e inclusione fanno sì che qualunque nuovo arrivato sia accolto “a braccia aperte”, invitandolo ad esprimere opinioni, a suggerire cambiamenti, a portare novità, nuove idee, nuove procedure, nuovi progetti.
Le energie maschili dell’esclusione e del mantenimento dello status quo fanno invece sì che il nuovo arrivato venga indirizzato all’acquisizione dei valori e delle procedure esistenti in azienda.
In entrambe i casi chi arriva può essere accolto bene o male (sì, anche l’accoglienza a braccia aperte può essere sgarbata), può essere accettato o respinto dal sistema esistente. Dove prevale l’energia femminile si chiede al nuovo arrivato di essere artefice di cambiamenti. Dove prevale l’energia maschile si chiede al nuovo arrivato di acquisire ciò che già esiste.
Credo che questo sia uno dei valori più controversi e complessi tra quelli che analizziamo.
Infatti non è difficile osservare la carenza di introspezione nella società, mentre è molto più complesso definire l’ambito desiderato di accoglienza e inclusione.
In pratica l’accoglienza e l’inclusione, energie molto simili, non sono assenti dal nostro modo di vivere, ma sono vissute con scarso equilibrio e scarsissima consapevolezza.
L’accoglienza che ci serve è composta da accettazione, comprensione, scelta e consapevolezza. Invece oscilliamo pericolosamente tra il rifiuto (esclusione) selettivo di tutto ciò che sembra scomodo e l’accettazione passiva di novità inutili.
La nostra accoglienza è fatta da inclusione di superficiali amici su facebook o su altri social network finalizzata a raggiungere “1000 amici – 5000 follower, …” o dall’acquisto dell’ultimo modello di qualunque cosa senza valutarne l’utilità e men che meno la necessità. Ci sentiamo accoglienti nel rimuovere ostacoli all’immigrazione, a patto che, poi, i figli degli immigrati non frequentino le stesse classi dei nostri figli. Ci sentiamo innovatori viaggiando per il mondo, accoglienti perché andiamo nei Paesi poveri, ma poi cerchiamo villaggi italiani che servano spaghetti a pranzo e cena.
Questa, inutile dirlo, è una distorsione del valore e dell’energia dell’accoglienza e dell’inclusione. È però abbastanza ovvio che anche gli eccessi opposti non migliorano né noi come individui né le prospettive del nostro futuro.
Come spesso accade, non c’è una strada “giusta” e una “sbagliata” Quindi posso solo darvi un consiglio, ed è lo stesso consiglio che ho ricevuto io nel mio primo giorno di lavoro da parte del general manager della multinazionale dove ero andata a lavorare: si è rivelato il miglior suggerimento che io abbia mai ricevuto nella mia vita.
“Ogni volta che incontri qualcosa di nuovo, e capiterà ogni giorno, cerca almeno tre analogie e tre differenze con ciò che conosci. Le analogie ti serviranno per essere più disponibile ad accogliere il nuovo e non fartene spaventare. Le differenze ti serviranno per non dare nulla per scontato e mantenerti sempre aperto ai cambiamenti utili. L’insieme di analogie e differenze ti permetteranno di scegliere consapevolmente cosa accettare e cosa rifiutare”