La vita è un viaggio dell’eroe, al cui interno ci sono altri viaggi. Ogni volta c’è la chiamata, e si sceglie se accettarla o rifiutarla, si incontra il mentore e, di nuovo, si sceglie se varcare la soglia.
Accettare la chiamata non equivale automaticamente a varcare la soglia. Già, perché accettare la chiamata significa diventare consapevoli di avere un compito, ma varcare la soglia vuol dire non poter più tornare indietro, entrare in un mondo sconosciuto.
Non è mica uno scherzo!
Alcuni testi relativi al viaggio dell’eroe parlano dei guardiani della soglia: definiamoli, per ora, entità che mettono alla prova la reale volontà di varcare la soglia.
Ecco, dunque, due componenti importanti: già andare nell’ignoto, sapendo di non poter più tornare indietro, sembra spaventoso solo a raccontarlo, e poi ci si mettono anche i guardiani della soglia!
Bando alle metafore, per un attimo.
Vi è mai capitato di sentire, anche vagamente, di avere un compito da svolgere, e poi lasciare lì la sensazione (già, mica sparisce!) e tergiversare all’infinito? A volte sembra un balletto: un passo avanti e uno indietro, tutto pur di non varcare la soglia.
A me è successo, e a tanti che conosco.
Si fa di tutto, e la maggior parte dei guardiani sono interni.
I miei balletti, di solito, sono conditi da perfezionismo: non posso pubblicare quella cosa perché non è ancora davvero finita, non posso fare quell’altra perché non ho il diploma “giusto”, devo dare la priorità ad altri impegni, ho altre responsabilità.
È la paura che parla? Spesso sì, soprattutto la paura del fallimento, ma non c’è solo quella.
A volte sembra che varcare la soglia comporti troppi sacrifici senza la certezza di una ricompensa adeguata, a volte si pensa che il compito a cui siamo chiamati, e per il quale varcare la soglia, sia un qualcosa di poco importante.
Traspaiono, questi pensieri reconditi, da certe riflessioni o espressioni.
Il fatto è che talvolta la chiamata arriva “a piccole dosi”, un passo alla volta, e non sappiamo il disegno finale. Bisogna fidarsi, di noi stessi e dell’universo (o, se preferite, di Dio).
E, non di rado, si pensa che la chiamata debba essere qualcosa di sostanziale, importante, che porta benefici incommensurabili al mondo intero. Insomma, vorremmo varcare la soglia per scrivere La Divina Commedia e, invece, siamo ancora ai pensierini delle scuole elementari.
Niente paura, come dice Ligabue: ci pensa la vita, a volte con un calcio nel didietro!