Capisco: sembra un po’ pazza: intitolo questa news “uno sguardo al domani” e poi metto il sottotitolo Il presente è un dono. In questa mia follia c’è una logica.
Oggi è il 30 aprile e domani, 1° maggio, è la Festa dei lavoratori, poi ribattezzata Festa del lavoro. È fin troppo facile, quest’anno in particolare, fare dell’ironia, ma l’ironia secondo me vale solo se sdrammatizza, fa ridere, o almeno sorridere. Invece l’ironia è molto amara, tra il lavoro che non c’è, quello che si perde, quello che non si può fare e il tanto, troppo, lavoro nero.
Ampliando l’angolo di visuale rifletto sul fatto che i due grandi pilastri della crescita sociale, della scalata sociale, quelli che fanno crescere le persone e la civiltà, quelli che permettono il miglioramento…, parlo di cultura e lavoro, sono negletti e bistrattati. Brutto segno.
Non critico, e tantomeno condanno, il fatto che esistono tanti lavori nuovi, professioni e attività che fino a pochi anni fa non si riuscivano neanche a immaginare. Ne nasceranno altri: il mondo cambia, e complimenti a chi sa inventare o reinventarsi. Condanno che siamo tornati al lavoro come mera fonte di sopravvivenza, troppo spesso molto stentata. Condanno il fatto che la politica, anche quella che sa sfruttare le nuove professioni a proprio beneficio, non sa anticipare il nuovo. Ne sono esempio, ed è quasi banale dirlo, le nuove professioni non regolamentate, al punto di rendere migliaia di lavoratori i nuovi schiavi. Ne hanno responsabilità politica e sindacati. Mi fermo: nessuno, credo, vuole leggere un trattato di recriminazioni.
Personalmente non so smettere di sognare e progettare, e non desidero neanche farlo. Gli anni passano, so bene che avrò meno anni di quelli che ho trascorso, ma amo il futuro.
Alla luce di un futuro nebuloso e quanto mai incerto, il presente è ancor più un dono.
Queste le riflessioni di un mese di aprile trascorso troppo in casa, affrontando qualche inghippo, portando avanti diversi progetti e preparandone altri.