Uno dei concetti più importanti da mettere in pratica per acquisire benessere e serenità è il seguente:
Ciò che conta non è l’esperienza in sé, ma cosa ce ne facciamo, cosa ne sappiamo trarre.
Ovviamente ciò vale in particolare per i momenti di crisi, per le esperienze difficili e dolorose. Alcuni studiosi hanno quindi elaborato un modello (denominato tracking transition) per individuare i diversi passaggi della gestione e metabolizzazione di un’esperienza.
In termini tecnici, gestire un’esperienza significa fare il passaggio dal fatto in sé alla trasformazione dell’esperienza in risorsa. In pratica significa riconoscere che quell’esperienza ci ha reso persone migliori, più consapevoli, compassionevoli, empatiche, proattive, …
È un vero viaggio, spesso lungo, mai facile.
Il modello di gestione dell’esperienza è basato su archetipi
Il fatto in sé, l’esperienza, viene identificata con il drago, simbolo di paura e devastazione, ma anche simbolo di forza, potenza. Il drago è presente in tutte le culture, talvolta con aspetti pesantemente negativi, altre volte con importanti aspetti positivi, spesso con entrambe le sfaccettature.
Il nostro viaggio inizia dunque con l’arrivo del drago, e il viaggio in sé è costituito dalle reazioni che abbiamo a quello specifico drago, rappresentate da archetipi.
Ogni archetipo ha luci e ombre, e soprattutto insegnamenti, e porta con sé una specifica reazione all’esperienza. Il passaggio da un archetipo all’altro avviene quando è stata appreso l’insegnamento specifico: le ombre sono state trasformate in luce.
Noi possiamo riconoscere il passaggio da un archetipo al successivo in base a specifici fatti o reazioni, ma sostanzialmente questi passaggi scattano quando si acquisisce la piena consapevolezza dell’archetipo in cui ci si trova, e si è quindi liberi di passare al successivo.
All’inizio il nostro ruolo è quello dell’innocente.
L’innocente non conosce l’esistenza del drago. Potrebbe anche non riconoscerlo. Potrebbe averne una percezione confusa. L’innocente è nella beata incoscienza, almeno verso quello specifico drago.
Quando, e se, l’innocente riconosce il drago, entra nella fase di orfano.
L’orfano è totalmente travolto dall’esperienza, non ha appigli, non ha riparo. Sembra che sia cambiato tutto il mondo, ma in realtà è completamente cambiata la sua percezione del mondo. Tutto perde di significato, e c’è solo solitudine e abbandono.
Ed è invitabile che dalla devastazione totale si passi auto commiserazione, entrando nella fase del martire.
Il martire non riesce a capire il perché del drago, dell’angoscia, della devastazione.
La sua domanda assillante è “Perché proprio a me?”. Ma proprio perché si sente perseguitato, sente anche il bisogno di uscire dalla totale solitudine e abbandono in cui giaceva l’orfano. Il martire cerca il conforto degli altri, la loro compassione.
Fino al momento in cui decide di reagire, e si allontana dal luogo di dolore, diventando un viandante.
Il viandante abbandona il luogo di sofferenza e vaga alla ricerca delle armi per combattere il drago: vuole chiaramente ucciderlo. Il viandante è decisamente arrabbiato, pieno di rabbia verso il mondo che ha lasciato, verso il drago, e durante il suo cammino cerca, e trova, armi adeguate alla sua guerra, fino a diventare guerriero.
Il guerriero ha raccolto armi materiali e forza morale adeguate ad uccidere il drago. Si è rinforzato, si è corazzato, ed è pronto per la riscossa. Vuole combattere quel preciso nemico, quel preciso drago, in cui riconosce pienamente il responsabile delle sue sofferenze passate.
Tuttavia questa forza comporta anche consapevolezza, e quando è giunto il momento della battaglia il guerriero è ormai diventato un mago.
E il mago non ha più bisogno di combattere, perché sa trasformare invece di uccidere. E quando la consapevolezza della trasformazione del drago in risorsa è compiuta, quando il mago ha saputo trasformare ogni sofferenza in forza, il mago può trasformare anche se stesso nell’innocente, e il cerchio è compiuto.
Ho descritto, seppure brevemente, i passaggi soffermandomi sulle sensazioni e sulle sofferenze dei diversi archetipi. Ma è essenziale segnalare anche le specifiche forze (le luci) contenute in ciascuno di essi.
- Lo choc obbliga l’innocente a rivedere il proprio mondo, ampliandolo per includervi la presenza del drago, diventando orfano.
- Il dolore porta l’orfano a stravolgere la sua mappa del mondo e da questo trae la forza per andare avanti.
- Il martire sente tutto il peso della solitudine dell’orfano, e da questa trae il coraggio di cercare gli altri per farsi consolare.
- Il viandante porta sulle spalle il peso del dolore dell’innocente e del martire, e da questi trova il coraggio per partire per la sua missione di ricerca: trasforma la sofferenza in sfida.
- Il guerriero trasforma la rabbia del viandante, e le sue esperienze vissute durante il viaggio, in armi e corazza.
- Il mago, a sua volta, trasforma le armi del guerriero in formule magiche, affinché tutto sia conservato, ma tutto sia mutevole.
Questo è anche il percorso che elabora una malattia, soprattutto se è grave o cronica, o un lutto. E persino il percorso della vita, per giungere alla consapevolezza di sé, può essere letto seguendo gli archetipi illustrati.