Chopin ama passeggiare sul pianerottolo di casa, spesso nella speranza di incontrare la signora che abita a fianco: molto anziana (in genere gli animali hanno una buona dose di rispetto per gli anziani e i bambini) e molto affettuosa.
L’altro giorno Chopin ha scoperto la porta che dà sulle scale di servizio. È una porta come quelle dei saloon, e in genere non la si nota perché è chiusa. Era rimasta aperta di qualche millimetro: evidentemente la molla di chiusura, dopo tanti anni, si è un po’ allentata.
Chopin si è fermato, l’ha annusata, e deve aver immaginato, dall’odore, che al di là poteva esserci qualcosa di nuovo.
Così ha fatto quello che fa con tutte le porte: si è messo di impegno con la zampa per aprirla.
Peccato che più lui riusciva ad aprirla, più quella acquistava velocità nel richiudersi.
Così si è rivolto a me con sguardo interrogativo, miagolando. E io mi sono messa a dare colpetti alla porta con il piede.
Mi ha osservato per un po’. Poi evidentemente ha capito il meccanismo: non è la solita porta che si tira, ma bisogna spingere.
Così ha dato una leggera testata alla porta che si è leggermente aperta, e subito richiusa.
Ma il concetto era quello giusto!
- Seconda testata, un po’ più forte, e la porta si è aperta ancora di più.
- Un po’ di rincorsa, e terza testata, ancora più forte, e la porta si è aperta ancora di più.
E a quel punto ho visto Chopin guardare la porta con un’espressione di chiaro “ma vaffa …” perché evidentemente sì, la porta si apriva, ma le testate per farlo erano un po’ troppo violente per i suoi gusti.
Io sono scoppiata a ridere, e lui è rientrato in casa un po’ offeso.
E così mi ha dimostrato che imparare e trovare soluzioni è sempre possibile, ma bisogna anche sapere quando fermarsi.