Il dizionario di italiano aiuta poco per definire cosa significa “consapevolezza”. Il termine viene spesso spiegato come “essere consapevole”. Ma se cercate cosa vuol dire consapevole, vi spiegano che è colui che ha consapevolezza.
La ricerca dei sinonimi e dei contrari offre qualche spunto in più: i sinonimi sono coscienza e conoscenza, ma il contrario è inconsapevolezza.
Eppure secondo me questo vocabolo, così poco usato, poco conosciuto e poco stimato, è uno dei termini più importanti per fare la differenza nella nostra vita.
È difficile essere sempre e costantemente consapevoli. Se va bene abbiamo qualche attimo, qualche barlume, qualche illuminazione di consapevolezza, ma basta questo per renderci persone diverse, e migliori.
Consapevolezza è un termine usato in psicologia, e molto spesso viene utilizzato nell’ambito della pratica della meditazione. Perché la consapevolezza ha molto in comune con l’illuminazione.
Si è consapevoli quando ci comprende in piena coscienza e conoscenza un fatto, un evento, una caratteristica, un sentimento. Non si tratta di comprensione razionale: quella eventualmente viene dopo. Non sappiamo neanche spiegare il percorso fatto per giungere alla consapevolezza, anche se poi cerchiamo di ricostruirlo.
La consapevolezza è un momento perfetto, in cui ci ritroviamo contemporaneamente in perfetta pace con noi stessi e con il mondo, ma pieni di aspettative per il futuro e pronti a raggiungere e costruire il nostro mondo e il nostro destino.
Vi è mai capitato di dover affrontare un problema complesso? Uno di quelli che vi tiene sveglio la notte e che è sempre presente nei vostri pensieri, anche quando fate qualcosa d’altro? Il problema diventa quasi un’ossessione, e ci chiediamo se e come ne potremo venir fuori.
E poi, all’improvviso, vi trovate davanti la soluzione. Non sapete come ci siete arrivati, non sapete neanche esattamente come realizzerete materialmente la soluzione trovata, ma sapete con assoluta certezza che quella è la strada e che il successo è assicurato.
I dubbi, le perplessità, le difficoltà arriveranno poi, quando metterete in pratica la vostra soluzione, ma in quel momento non esistono. Perché in quel momento siete nella massima armonia con voi stessi e con l’universo.
Quello è un momento di consapevolezza, ed è un momento di pura felicità. E siamo disposti a lavorare giorni, mesi, anni, sulla scia di quel momento e nella ricerca di altri momenti simili.
Quando faccio coaching mi trovo spesso davanti a problemi che appaiono insormontabili. Addirittura a volte servono diversi incontri per rendere palese il problema, figuratevi per risolverlo. Io non posso dare la soluzione: anche se ne fossi in grado, servirebbe veramente a poco offrire la soluzione su un piatto d’argento perché il problema si ripresenterebbe, magari con un costume apparentemente diverso, alla prima occasione.
E allora si lavora sul problema, lo si analizza, lo si seziona, si ipotizzano soluzioni, si cercano vie d’uscita. E poi … succede sempre, ed è un attimo speciale. Un bel giorno, durante una sessione, vedo il coachee cambiare lo sguardo. Oppure si presenta ad una sessione con una postura diversa, uno sguardo diverso, dei movimenti diversi. È successo: il coachee ha vissuto il suo attimo di consapevolezza.
So già che da quel momento in poi tutto è cambiato, il problema è risolto, e basteranno ben poche sessioni per rendere operativa la soluzione. A volte il coachee con riesce neanche a spiegarsi e a spiegarmi cosa è successo, che soluzione ha trovato. Ciò capita quando il problema non è un fatto oggettivo, ma è originato da un groviglio interiore che, nel momento di consapevolezza, è diventato un nodo gordiano e, una volta tagliato, non potrà più riformarsi.