Il primo punto è, ovviamente, Brexit. Come si fa a non parlarne? Ecco … Ho un passato, mai rinnegato, come mazziniana, giovane repubblicana convinta, di quelli che facevano battaglie per i diritti civili. Per di più all’interno di quei repubblicani romagnoli: gente strana, un po’ diversa. Le sedi del Partito, da noi, si chiamavano “Casa del popolo”. Io all’Europa ci credevo e ci credo, e pur sentendomi italiana fino in fondo, sacrificherei volentieri, come ideale, la sovranità nazionale per un governo europeo.
Nulla di strano: pensateci bene. Se devo definirmi, sono romagnola, milanese di adozione, italiana, europea …
Un’altra cosa in cui credo è la democrazia, referendum compresi.
Una volta dichiarati gli ideali, dichiaro anche la mia crisi.
La democrazia è, da definizione Treccani, “una forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti”. Eleggere un rappresentante, secondo me, significa affidare il mio futuro a qualcuno che avendo caratteristiche che io non ho, sa guidare verso il bene comune. Un po’ come in azienda, quando funziona la meritocrazia, il capo è uno più in gamba di te, che ha maggiori informazioni di quelle che hai tu, e sa pensare in maniera più completa, guidando te e l’azienda verso il futuro.
Lasciando perdere i commenti sarcastici che vengono in mente, a me per prima, sono annichilita dalle dimostrazioni di chi detiene il potere.
Passi che nessuno sapesse con certezza cosa potevano scegliere i britannici al referendum, ma qualche idea forse potevano averla. Quattro punti di distacco non sono pochi e, soprattutto, esaminando il voto, in un’analisi per fascia d’età, o area geografica, o ceto sociale, le differenze sono talmente elevate che non era difficile avere una stima.
E poi, peggio ancora, nessuno si era fatto un’idea di cosa sarebbe successo se vinceva l’opzione di lasciare l’Europa. Ma siamo pazzi? Politici, analisti, speculatori … nessuno aveva immaginato? Scusatemi, non ci credo.
E poi vogliamo parlare delle reazioni dei governanti dei diversi Paesi? Analisi o rassicurazioni così posso averle dal mio portinaio filippino. E il commento non è sprezzante perché è un portinaio, o perché è un filippino, ma semplicemente perché sa poco inglese e ancor meno italiano, e non gliene frega niente della politica italiana o europea.
Ciliegina sulla torta … Farage che, bello come il sole, ammette di aver preso gli inglesi per il culo solo per la soddisfazione di vincere, ma sperando, in fondo all’anima, di perdere perché adesso è il primo che non sa che c… fare.
E adesso? Non si sa nemmeno come fare uscire la Gran Bretagna della comunità europea. Non che ci fosse mai entrata in pieno, ma nessuno sa cosa fare. E, come sempre, l’unica che dimostra di meritare davvero la posizione che occupa è la Merkel, che sinceramente detesto, che sta chiaramente pensando come ricavare vantaggi dalla situazione. Perché lei sì, è un governante vero. Peccato che sia fino in fondo un governante a favore del popolo tedesco, e da un po’ governi l’Europa. E anche qui mi scatta il paragone aziendale. Prendete un dirigente bravo. Firmate un contratto che gli garantisce un lauto premio sui risultati della divisione aziendale A. poi mettetelo a capo dell’intera azienda, in cui le divisioni B, C e D sono in aperta concorrenza con la divisione A. Non modificate il contratto. È chiaro il concetto?
E adesso siamo nella fase del cazzeggio libero.
Cosa succede se la Scozia, come pare, non ratifica i risultati del referendum? Ci sarà un modo di ripristinare il Vallo di Adriano?
L’I Ching, nella sua saggezza, avverte che per le regole della ciclicità del tempo e dell’armonia dell’Universo, il male giunge al culmine e porta dentro di sé i germi dell’autodistruzione. Il bene giunge spontaneamente, ma va coltivato con impegno per svilupparlo e farlo durare. Ecco, la mia impressione è che quel bene, come la democrazia e la comunità europea, non sia stato minimamente coltivato.
Eppure Brexit non è riuscita a togliere spazio, nei media e nei pensieri degli umani, a qualcosa di più importante: il campionato europeo. Ed è da qui che traggo il mio raggio di sole.
Finché si può, io tifo Islanda. Un po’ perché, dopo aver passato un mese di vacanza a percorrerla in lungo e in largo, mi è davvero rimasta nel cuore. E poi nei giorni scorsi, su La Stampa, un articolo mi ha totalmente conquistato. Uno dei giocatori, infatti, ha raccontato che nello spogliatoio hanno appeso un poster che li incoraggia. No, non rappresenta Þingvellir, il luogo, in Islanda, dove nel 930 d. C. nacque il primo parlamento, la prima sede in Europa (e, forse, nel mondo) di quella democrazia parlamentare che tanto ci servirebbe oggi. Il poster raffigura un chihuahua che rincorre un rinoceronte, per ricordare che anche chi sembra piccolo e perdente può provarci. O, come dice il Dalai Lama, “Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara.”